Da qualche anno mi sto cimentando nello studio e nella coltivazione (semina compresa) delle geraniacee, dai pelargonium alle monsonia (i sarcocaulon furono anch'essi ascritti in quest'ultimo genere, per poi ritornare alla vecchia e più virile nomenclatura ), per passare anche attraverso i (veri) gerani da clima temperato, presenti anche nel Bel Paese. Credo chiunque abbia scorto almeno una volta sul proprio cammino Geranium sylvaticum e/o sanguineum, anche a ridosso dei viottoli cittadini.
E' la volta dei sarcocaulon! Si contano 14 specie tutte originarie di Sud Africa e Namibia (il mossamedense ricade anche in una porzione di territorio angolano), per lo più a vegetazione brevidiurna, dal notevole adattamento xerofitico. Sono caratterizzati da fusti assai succulenti, di fatti il nome deriva dall’unione di due parole greche, ovvero sarkos (carnoso) e caulon (fusto). Appaiono come arbusti bassi, dallo sviluppo perlopiù orizzontale, con appunto articoli carnosi e foglie piccole (non succulente), liscie o assai tomentose in alcune specie. Molti di essi sono “armati” di spine (pezioli delle foglie che poi lignificano), salvo alcune eccezioni (multifidum, peniculinum, inerme, per esempio, ne sono sprovvisti) . Come detto in precedenza, il periodo vegetativo è prevalentemente brevidiurno, salvo per vanderietiae e camdeboense che si comportano praticamente da piante sempreverdi (entrambi provenienti dall’Eastern Cape in Sud Africa, dove le piogge sono quasi esclusivamente a carattere primaverile/estivo). Altra peculiarità comune ad altre geraniacee, specie i pelargonium, sta nel grande opportunismo di queste piante alla minima variazione di temperatura (al ribasso), specie se associata a una pioggia improvvisa: piante apparentemente dormienti risorgono col massimo della veemenza
Un'altra caratteristica, tra l’altro sperimentata dal sottoscritto, sta nell’alta infiammabilità di queste piante, specie la cera che avvolge i loro rami e la loro linfa la quale, non solo quando sottoposta a combustione, ha un odore a cavallo tra la resina e la…nafta. Capita che le piante secernino una sorta di essudato resinoso sugli apici dei rami, alcune specie più frequentemente (a me è successo con patersonii e herrei). Non a caso il popolo boscimano usava i sarcocaulon all’occorrenza come torce naturali (nel gergo popolare viene annoverato anche il nome di “Bushman’s Candle”).
Sono piante relativamente facili da mantenere, coltivate in substrati ben drenati e con annaffiature abbondanti ma diradate nel tempo. Tantissimo sole diretto e, come un po’ per tutte le piante succulente, un’ottima circolazione d’aria aiuta nell’evitare i deleteri ristagni d’umidità e una più rapida asciugatura del terreno (se tenute troppo a mollo tendono a beccarsi con estrema facilità i marciumi molli). Il fiore è composto da cinque petali, come d’altronde anche nei cugini pelargonium, tranne per il fatto che nel sarcocaulon gli stessi sono disposti a raggiera, mentre nei pelargonium abbiamo petali opposti: due superiori (normalmente più grandi e appariscenti) e tre inferiori. I semi sono piccoli, con una coda lunga e sottile, in parte spiralizzata, con la punta vestita di piccole…piume, indispensabili per far si che il seme venga trasportato dal vento, magari in un posto adatto alla sua germinazione. E’ possibile riprodurli anche da talee, anche se normalmente queste ultime non riescono a produrre un apparato radicale vigoroso.
Ecco due specie che coltivo con un…singolo fiore. Ce li facciamo bastare (incrociamo le dita con il vanderietiae, di norma assai più fiorifero)
Sarcocaulon multifidum
Sarcocaulon camdeboense
Spero altri contribuiscano con le loro piantuzze in fiore - e non solo.
P.s. Bruno…CACCIA FORI IL PENICULINUM !