Non è stato facile affrontare questo genere senza sentire il fiato sul collo dei grandi coltivatori di queste piante: Ritter, Schulz, il nostro Carlo Doni, per citarne alcuni.
Ho approcciato diversi anni fa la coltivazione di questo genere basandomi, quindi, sulla loro esperienza, leggendo le loro note e su quella dei vecchi e bravissimi collezionisti/coltivatori laziali. I risultati sono stati abbastanza buoni e sono sotto gli occhi di tutti – almeno sotto gli occhi di quelli che le desiderano vedere!!!
Oggi, però, alla luce di quanto si legge nei forum e su riviste on-line, mi viene la necessità di affrontare e chiarire, e nello stesso tempo demolire, alcuni luoghi comuni su queste affascinanti e singolari piante.
In effetti sono solamente due i punti che tengo a sottolineare, velocità di crescita e produzione di farina, perche sono questi gli unici punti che sembrano focalizzare l’attenzione verso queste piante.
Il primo punto è abbastanza semplice da chiarire e cominciamo con una affermazione: le copiapoa non sono piante a crescita lenta.
Esistono in natura, anche se qualcosa ce la siamo inventata noi umani, circa una settantina di specie, varietà, forme, ecc, di copiapoa che colonizzano un areale del tutto particolare e che hanno forme e dimensioni diametralmente opposte: 2-3 cm di diametro a maturità per una C. lauii a poco meno di un metro di altezza per C. cinerea e in mezzo tutte le altre; come si fa a generalizzare? Certamente è vero che in habitat la crescita è lenta e nessuno metterebbe in collezione una pianta che cresce (si fa per dire) solo un paio di millimetri l’anno, ma in coltivazione? Credo che se una pianta in coltivazione non cresca è perche è coltivata male: quale substrato stiamo dando? Quale intensità di luce? Quale calore? E l’acqua? E di tutte queste cose: poco o troppo? Esistono una infinità di variabili che dipendono esclusivamente da noi, dalla località geografica in cui ci troviamo, ecc.ecc., e, non ultima variabile, COSA stiamo coltivando, quale specie!
Leggete i substrati e le note di coltivazione dei collezionisti di copiapoa italiani e, già da questo, capirete perche le loro piante non crescono mentre cresce la loro convinzione che la causa di questo sia riconducibile alle piante stesse! Perche non provano a cambiare? Per esempio, dare ogni tanto una concimata? Un substrato più grasso invece di lapillo, pomice e inerti (nutrimento=zero!)? E un po più di acqua? Forse i vasetti in cui sono costrette sono da cambiare? Ricordate la discussione chiamata “Esperimento cilene” dove veniva “sdoganata” una inumidita invernale alle eriosyce (sensu Kattermann)? Quante sono marcite? Quante, invece, stanno bene?
Altro aspetto che sembra fondamentale in una buona coltivazione delle copiapoa è la produzione dello strato farinoso che copre il corpo di certe specie (C. cinerea, C.dealbata e C. cinerascens).
Nessuno dei coltivatori sparsi nel pianeta sembra dare importanza a questo aspetto tanto quanto noi italiani cosi come nessuno dei coltivatori citati ha capito cosa origina questa formazione: R. Schulz, nel suo ultimo “Copiapoa 2006” dedica all’argomento 7 (sette!) righe (pag.19 del libro citato) affermando che, forse, dipende da condizioni di caldo e secco tipiche dell’habitat; dice che ha provato ad indurne la produzione in piante da lui coltivate per 5 anni senza sviluppi apprezzabili.
Sono convinto che ci sia molto da lavorare per convincere gli irriducibili di “pomice, lapillo e marna” a cambiare metodo di coltivazione per questo genere. E se provassero a pensare al bene delle piante, mettendo da parte le loro convinzioni?
Una prova sul campo,forse, li convincerebbe più di mille parole; potrebbero acquistare due C. humilis che si trovano facilmente e a un prezzo accessibilissimo e coltivarle in due modalità diverse: una nel loro metodo classico e l’altra dando “la pappa” alla piccola. Sono certo che si ricrederebbero!!!
Carlo.